Le montagne dimenticate di Pistoia – Riola. Parte 1

Nel percorrere questa strada si scoprono luoghi, boschi, paesaggi di una bellezza unica.  Salendo da Pistoia, in estate,  non appena iniziano i boschi ci si ritrova immersi in una natura lussureggiante.  L’afa della città lascia il posto a una deliziosa temperatura che invoglia a passeggiare sui sentieri in mezzo ai boschi. Continuando verso la foresta dell’Acquerino, si incontrano vari tipi di bosco, prima quelli di querce, poi  di  faggio e castagno. All’inizio del secolo scorso nell’area fu piantato l’abete di Douglas simile ai nostri abeti ma che cresce molto più rapidamente e ha radici molto profonde che impediscono le frane.

Questi boschi sono spettacolari, bui, con il sottobosco quasi assente del tutto e i fusti altissimi dritti  verso il cielo.  Continuando ancora prima di arrivare al paese del Monachino, si possono trovare bellissimi abeti e radure a prato o a pascolo dove non è difficile vedere branchi di cervi brucare tranquillamente. La zona è denominata riserva naturale Acquerino Cantagallo, ed è un’area protetta della regione Toscana.

In quest’area si possono trovare oltre ai cervi anche altre specie di animali come il capriolo, il cinghiale, la volpe, lo scoiattolo, l’istrice e tante specie di uccelli  come il cuculo, la poiana,  il picchio muratore, il fringuello e anche delle specie di rettili come la vipera o l’orbettino. Nel torrente Limentra, libero da ogni inquinamento si possono trovare anche i gamberi di acqua dolce, quasi scomparsi dai nostri torrenti. Anche il lupo, che però non è facile vedere,  dopo decenni di assenza è tornato in questi luoghi richiamato probabilmente dalla forte presenza di cinghiali.

Ci sono diversi sentieri molto comodi per escursioni o trekking, percorsi senza particolari difficoltà, adatti anche a persone anziane e a bambini nei quali passeggiare tranquillamente per i boschi godendo della natura in ogni stagione.  Particolarmente adatta l’estate per il refrigerio che offre, ma bella anche in inverno specialmente con la neve.


Continuando su questa via si iniziano a trovare piccoli paesi, il  primo è il Monachino, dove la chiesa è la costruzione che si incontra per prima e poi si trova il paesino che purtroppo di inverno è completamente deserto, fatta eccezione dell’osteria che è aperta il sabato e la domenica. In estate è un paesino molto accogliente con tutte le sue case aperte e piante fiorite ad ogni finestra, corti, giardinetti. E purtroppo è questa la tendenza di questi piccoli paesi che si trovano nella valle della Limentra,  non solo qui, ma anche in tante altre zone dell’Appennino Tosco-Emiliano. La popolazione diminuisce sempre di numero di anno in anno e spesso rimangono solo i vecchi. I giovani scendono nelle città a valle in cerca di lavoro. In queste montagne non c’è niente e anche le attività che c’erano in queste valli sono state chiuse.

Per esempio a Lentula, c’era uno stabilimento per l’imbottigliamento dell’acqua minerale denominata “Lentula”, che dava lavoro ad una ventina di persone del paese e dei paesi vicini. Anni fà questa attività è stata chiusa ed è stato un grave danno per l’economia di queste zone. C’è rimasto qualche ristorante, ma alcuni hanno chiuso, per mancanza di clienti. Piccole botteghe alimentari che sono via via sparite una ad una e tanta gente  è venuta via. Qualcuno  torna alla vecchia casa nei fine settimana o per le ferie estive. Per quei pochi che non sono andati via,  c’è rimasto solo il taglio della legna, la raccolta delle castagne e la produzione della farina di castagne che avviene, come nei secoli scorsi, facendo seccare le castagne con il fuoco per circa 40 giorni nei piccoli seccatoi che non è difficile trovare nei castagneti.

Sarebbe veramente bello se queste tradizioni venissero scoperte dalle generazioni odierne, oltre al metato  per le castagne, qualcuno, sempre più raro, fà ancora il carbone con le carbonaie e specialmente alla fine dell’estate si possono vedere queste grandi pire di legna fumare,  mentre all’interno consumandosi la legna, rimane il carbone che è utilizzato poi per il riscaldamento nei mesi invernali.

Ultimamente qualche associazione ha iniziato a  proporre delle camminate sui sentieri dell’Acquerino o delle gite sulle montagne, verso qualche rifugio, ma sono poche e sporadiche e non vengono molto reclamizzate.

Purtroppo questa zona dell’Appennino Tosco Emiliano è poco conosciuta ed apprezzata.  La strada  da percorrere invoglia veramente poco a visitare queste montagne. E’ piena di buche e mancante di segnaletica orizzontale, e può diventare veramente pericolosa in caso di nebbia che in inverno è frequente in queste zone. La manutenzione è assente da anni, e se è già pericolosa in estate per strapiombi, buche e restringimenti di carreggiata, le difficoltà aumentano a dismisura nei mesi invernali per la nebbia ed il freddo che trasforma la carreggiata in una pericolosa lastra di ghiaccio.


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9 commenti su “Le montagne dimenticate di Pistoia – Riola. Parte 1”

    • Sono d’accordo, forse perchè al giorno d’oggi siamo così tanto abituati alla comodità che vorremmo avere tutto sotto casa, me per primo. Inoltre, altri luoghi di raduno di massa, come ad esempio i centri commerciali, godono di una pubblicità che questi posti magici non hanno.

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    • Hai proprio ragione, è veramente un peccato. Speriamo che qualcuno possa fare qualcosa al riguardo. Di cose da fare ce ne sarebbero tante, in primis far conoscere queste zone che sono proprio dimenticate

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  1. Ho suonato la fisarmonica nella pizzeria della Docciola di Treppio di proprietà di Peppino Cecchetini per almeno trenta anni quasi ogni sabato sera. Venivo da Rocca Pitigliana e mi chiamavano, per burla, “sonatore di Mongardino”. Quando alle quattro del mattino, dopo aver cantato e suonato inintertottamente dalle nuve di sera dovevo scappare di nascosto perchè la prospettiva era di visitare le varie cantine amiche dove assaggiare la “finocchiona” di recente produzione. Amici incantevoli e indimenticabili.

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    • L’estate per diversi anni sono venuta in vacanza a Treppio e mi sono rimasti dei bellissimi ricordi di quei tempi. Considera che sono passati almeno 40 anni, ma ricordo la schiacciata e il pane che facevano a Docciola, veramente speciali. E i bagni che si facevano al grande bozzo di Lentula dove se ti volevi sdraiare sulla riva per prendere il sole non trovavi posto, tanta era la gente che c’era. Che bei tempi.

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  2. Posto splendido. Certo però se tutti sono ospitali come a Stagno, sopra il lago di Suviana, passa la voglia. Io e mia moglie arriviamo un sabato mattina. Davanti alla chiesa, al centro del paesino c’è una quercia (rovere credo) colossale e una panca in pietra. Nessuna recinzione, niente cartelli. Ci sediamo. Tempo neanche 5 min. esce una signora che dice: la panchina è privata. Per carità lo ha detto pacatamente, civilmente, e senza agitazione, ma ovviamente non ce la siamo sentiti di rimanere…

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    • Non facciamo di tutta l’erba un fascio, io sinceramente mi sono sempre trovata bene nei paesini di montagna, gente ospitale, ma come da per tutto c’è sempre l’eccezione, la persona maleducata, o che magari quella mattina si è alzata col piede sbagliato.

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    • In effetti, nemmeno io ho avuto piacevolissime conversazioni ed esperienze. Ma voglio sperare che si sia trattato di casi isolati anche se ho sentito molti stereotipi in merito alle persone che vivono in quelle montagne.

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