Viaggio a Jaipur la capitale del Rajasthan, la terra dei Maharaja

Questa è stata una tappa del mio viaggio in India, una tappa molto importante sia per quello che ho visto, che per quello che ho vissuto in quei pochi giorni.  Premetto che era il 1997, quindi oggi molto probabilmente spostarsi  tra due città sarà sicuramente più facile, in quel periodo per fare 200 chilometri occorrevano parecchie ore. Le strade erano poco curate, strette e piene come sempre di animali, specialmente di cammelli che molto probabilmente erano adibiti al trasporto merci da  un paese  all’altro. Quindi siamo partiti piuttosto presto al mattino, da New Delhi con un cestino contenente il pranzo del giorno perchè non contavamo di arrivare a Jaipur fino al pomeriggio.

Al solito la strada offre tante cose da vedere. Piccoli villaggi che sembrano perduti nel tempo, persone che lavorano nei campi, qualche grossa fabbrica in lontananza ma questo era l’unica nota di modernità che vedevamo. Le auto erano molto poche, molte le biciclette, e tanti carretti. E ancora tanti animali. Verso metà giornata, avevamo fatto solo metà percorso, ci siamo fermati in un prato vicino alla strada a mangiare quello che avevamo portato e poi siamo ripartiti. Ci siamo fermati poco dopo perchè abbiamo forato una ruota. Quindi l’abbiamo cambiata e siamo andati alla ricerca di un posto dove accomodare quella forata, visto anche che, per le pessime condizioni della strada era molto facile forare di nuovo.

Ad un certo punto vediamo un cartello con una freccia che indicava anche un gommista quindi siamo entrati in una specie di grandissimo cortile, con una baracca di legno in fondo e altre baracche più piccole in giro. Giravano lì intorno dei maiali, che ci sono venuti subito vicino. Non avevano nessuna paura degli umani. Ci ha spiegato il nostro ospite che quello era anche un albergo. Infatti abbiamo visto in fondo alla baracca più grossa che davanti, a parte un lungo bancone, era completamente aperta,  una fila di amache. Lo sporco regnava sovrano in quel posto e c’erano persone che entravano e bevevano birra al bancone e ci guardavano con curiosità. Ci è voluta circa un’ora per riuscire a riavere la gomma riparata e in quel tempo ho sempre avuto un pò di timore per quel posto desolato. Per fortuna ci hanno ignorati e siamo potuti ripartire tranquillamente.

Un paio d’ore prima del tramonto siamo giunti vicino a Jaipur ma visto che c’era ancora luce a sufficienza abbiamo deciso di fare una sosta prima di andare in città.  Siamo andati a vedere la fortezza di Amber. Non abbiamo visto l’interno della fortezza perchè era già chiuso, abbiamo visto comunque la grande piazza, piena di bancarelle dove vendevano spezie e ogni tipo di frutta sia fresca che secca. Ci sono dei giardini meravigliosi ad Amber, situati su un’isola dentro a un lago che penso sia artificiale. Visti dall’alto della fortezza sono qualcosa di meraviglioso. Un’altra caratteristica che mi è  rimasta impressa sono state le scimmie. Tantissime da tutte le parti, che giravano sopra le mura, fra le stradine e anche nel mercato. C’erano anche altri giardini li vicino dove ci siamo rifugiati per  sfuggire alla calura, e camminando scalzi sull’erba fresca ci siamo sentiti subito meglio.


C’erano molte persone in quei giardini, penso turisti anche se la maggior parte era indiana. A un certo punto ci hanno fermato un gruppo di ragazzi che hanno visto gli occhiali da sole di mio figlio e gli hanno chiesto se potevano provarli. Uno dei ragazzi aveva una macchina fotografica ed a turno inforcando gli occhiali, dei comunissimi Ray-Ban, si sono fotografati a vicenda. Erano molto felici di fare quell’esperienza, ma a noi è sembrato strano. Forse avevano visto qualche pubblicità che li aveva colpiti, ma non avrebbero avuto l’opportunità di averli.

Appena arrivati in città, anche questa rumorosa e caotica come la capitale, traboccante di umanità e di animali, dove i continui suoni dei clacson riempivano l’aria, abbiamo avuto una bella sorpresa; l’albergo che il nostro ospite ci aveva prenotato. Si trovava appena alla periferia della città, ma quello che ci ha subito colpiti è stato il silenzio una volta entrati nella hall dopo un lunghissimo percorso in auto dentro un giardino gigantesco. L’hotel era meraviglioso. Era stato costruito come residenza dei Maharaja di Jaipur e conserva perfettamente il suo elaborato splendore, con splendide decorazioni intagliate a mano nel marmo e cupole e  balaustre di arenaria. E al suo interno si trova il miglior ristorante della città, situato nel salone da ballo in stile francese con enormi lampadari di cristallo. I suoi giardini sono meravigliosi con pavoni che girano liberamente e altri uccelli. Siamo rimasti incantati da tutto quello che abbiamo visto. Dalla nostra camera, che era immensa e dava su un porticato con poltrone e tavoli di vimini dal quale si scendeva direttamente in giardino, alla sala dove abbiamo fatto la prima colazione, ai due bar molto diversi tra loro, alla piscina. Insomma tutto è stato perfetto.

La sera dopo abbiamo cenato in quella meravigliosa sala da pranzo, dove grazie anche ad uno  chef italiano abbiamo mangiato cibo italiano veramente ottimo. E la sera dopo cena passeggiare davanti all’atrio dell’albergo o sedersi su uno dei tanti divani coperti di cuscini posizionati all’esterno a godersi la frescura della sera, alla luce di torce e di candele.

Nella città di Jaipur abbiamo fatto solamente i turisti andando a vedere tutto quello che era indicato nelle guide turistiche, quindi il palazzo dei venti che era stato costruito per le donne del Maharaja, che non potevano lasciare il palazzo e che guardavano le vie adiacenti dalle minuscole finestre che adornavano la facciata che conta 5 piani e  all’interno tutta una serie di scale e piccole nicchie dalle quali si poteva vedere fuori comodamente seduti. Abbiamo visto il Palazzo Reale con una guida che stava imparando l’italiano e quindi si sforzava di spiegarci tutto nella nostra lingua, e fatto acquisti negli affollati bazar.Ma tornare alla sera dopo la giornata calda, caotica ed assordante in quell’oasi di pace era impagabile.

Siamo rimasti un’altro giorno a Jaipur, poi siamo ripartiti per ritornare a New Delhi facendo però una deviazione per strada per andare a vedere il parco delle tigri. Prima del parco ci siamo fermati ad un grande lago dove abbiamo potuto fare un giro in barca e dove io che sono rimasta a terra ho dato da mangiare noccioline a delle scimmie che erano nei dintorni, rimanendo ad osservare le scimmie più grosse che toglievano le noccioline alle più piccole e io che cercavo di mandarle via per poter nutrire quei cuccioli senza successo.

Ho avuto anche un incontro ravvicinato con una scimmia, sempre il giorno che siamo rientrati ci siamo fermati in un piccolo paese, per visitare la parte vecchia che era rimasta come un secolo fà e dopo aver fatto qualche acquisto ad una specie di bazar rientrando in macchina, una scimmia mi afferra la borsa di plastica che avevo in mano e al mio rifiuto di lasciarla quasi mi da uno schiaffo, sempre cercando di strapparmi via la borsa. L’avrebbe avuta vinta se non fosse arrivata una persona che l’ha scacciata. Ma ripensandoci dopo il mio litigio con una scimmia è stato molto divertente, anche se invece in quel momento mi ha fatto un pò paura.

Le scimmie in India sono veramente da per tutto. Il nostro ospite che pure abita nella capitale, ci racconta che hanno dovuto chiudere a chiave sia il frigorifero che la dispensa, perchè se riescono ad entrare in casa  sanno aprire sia l’uno che l’altra e quindi portano via tutto il mangiabile. Ma sono sopportate dalle persone che gli danno anche da mangiare e anzi c’è anche un tempio dedicato alle scimmie che si trova ad Alta, vicino a Jaipur e qui le scimmie sono considerate sacre e vengono sfamate e coccolate dai turisti che comprano apposta per loro le noccioline che vengono vendute all’ingresso del tempio.

Il giro che abbiamo fatto all’interno del parco delle tigri purtroppo non ha avuto molto successo. Di tigri non ne abbiamo viste neanche una, ma è normale se si pensa che in quel periodo dell’anno fà molto caldo e loro preferiscono stare sdraiate all’ombra al fresco. Abbiamo visto però molti altri tipi di animali, che in parte ci hanno ripagato della delusione. Sono zone che comunque non vedono turismo e dove invece è interessante vedere  i piccoli paesi, la vita rurale, i pozzi, i piccoli negozi e la vita come si svolge lontano dalle grandi città. Mi è rimasti impresso un ricordo. Ci siamo fermati per pranzo in uno di questi piccoli paesi e ad una specie di locanda abbiamo chiesto da mangiare. Ci siamo accorti però di  non avere quasi più valuta indiana ma solo dollari, quindi abbiamo chiesto di poter pagare con questi. Ma non hanno accettato, quindi per mangiare abbiamo frugato in ogni tasca, ogni portafoglio per riuscire a trovare qualche rupia e  alla fine con quello che siamo riusciti a raccimolare ci hanno dato  4 o 5 frittate che ci siamo divisi fra noi che eravamo in 9.

Il giorno del rientro a New Delhi abbiamo fatto abbastanza tardi e quindi a buio non eravamo ancora in vista della città. Il traffico è andato via via scemando fino a finire del tutto e ogni 4 o 5 chilometri trovavamo una pattuglia di soldati che ci dicevano sempre la stessa cosa, di far presto a rientrare in città. Ci ha spiegato il nostro ospite che di notte non viaggia nessuno perchè è pericoloso. C’è molta criminalità specialmente al di fuori della cerchia cittadina.

Comunque siamo potuti rientrare tranquillamente e visto che era tardi e che a pranzo avevamo mangiato solo un pezzetto di frittata,   il nostro ospite ci ha invitati a mangiare in un ristorante, uno dei migliori della città, che faceva cucina  internazionale. Il locale era quasi tutto pieno,  ma non di famiglie, generalmente erano coppie  o gruppetti di uomini. Donne molto poche. Quello che mi ha stupito è quando siamo usciti e ci siamo diretti dove avevamo parcheggiato l’auto. La strada era completamente deserta. Quella strada dove  fino a due o tre ore prima c’erano miriadi di risciò, biciclette, cammelli ed elefanti insieme a una marea di gente rumorosa e suoni continui di clacson. non c’era proprio niente.

Infatti, la sera gli indiani stanno a casa, escono raramente per un ristorante o un cinema. Tra l’altro non ho visto un cinema e pochissimi ristoranti e bar.

La sera quando tornavamo a casa dopo cena, infatti facevamo magari una passeggiata nel parco davanti a casa per rinfrescarci oppure giocavamo a carte dopo aver messo a letto i ragazzi.  E dopo un pò se mi svegliavo durante la notte sentivo un suono strano quasi un verso di un uccello. Ho chiesto che cosa fosse e il nostro ospite ci ha detto che sono i guardiani del quartiere che la notte girano per tutte le zone e si scambiano quel segnale per indicare che tutto và bene.
Il quartiere dove abitavamo era circondato da un muro molto alto e i cancelli che erano due venivano chiusi la sera e la notte giravano guardie armate per la tranquillità degli abitanti.


Nel quartiere inoltre c’era anche un pronto soccorso, vari negozi, parrucchieri e un bazar, ma quello che mi è sembrato più strano è stata la farmacia. Pensate a un piccolo garage con un portoncino di metallo. All’interno un bancone e tanti piccoli scaffali. Se hai bisogno di medicine, il medico ti segna la quantità sulla ricetta e il farmacista prende la confezione e ti dà l’esatto numero di pastiglie, mettendo via quello che avanza.

Nel mio viaggio, ho avuto la fortuna di essere a New Delhi un venerdi 17. Da noi è una data che porta male, in India e il giorno indicato per i matrimoni.  E quella sera in città se ne celebravamo moltissimi. Siamo usciti quindi per vedere le processioni dello sposo, che passano per le vie e accompagnano lo sposo al posto scelto per la cerimonia, dove la sposa stà aspettando. Queste processioni sono molto pittoresche, hanno luci e canti e per averle si portano dietro enormi batterie. Lo sposo è vestito sontuosamente e tutti cantano e ballano camminando.

Abbiamo visto diverse di queste processioni, più o meno lunghe, più o meno ricche e seguendo una di queste siamo arrivati ad un luogo dove vengono montati dei padiglioni che di notte assomigliano a  castelli e  templi veri e propri con guglie e torri che sono tutte finte e dove il giorno dopo non ne rimane traccia.

Ci siamo avvicinati ad uno di questi che ci sembrava il più bello e accanto all’ingresso abbiamo visto una persona anziana che accoglieva gli ospiti. Noi eravamo li per veder arrivare la processione dello sposo, che fra l’altro è arrivato a cavallo. Quando il signore indiano ci ha visto è venuto verso di noi e ha chiesto se eravamo turisti. Gli abbiamo detto che siamo italiani e questo ci ha invitati ad entrare. Dentro c’erano tavoli imbanditi, fontane di tutti i colori e tantissime persone. In fondo,  coperto da tende dorate c’erano le poltrone per gli sposi dove si sarebbe tenuta la cerimonia. Ci hanno offerto da bere e da mangiare e quando è arrivato il momento della cerimonia il signore anziano ci ha presi e ci ha portati sotto la tenda facendoci sedere in prima fila. Mi hanno detto poi che per gli indiani avere ospiti stranieri al matrimonio  porta fortuna.

Quindi siamo stati gli ospiti d’onore di quel matrimonio che ci ha lasciato senza parole in quanto a sfarzo, sia dei vestiti degli sposi che dei gioielli della sposa e delle donne della famiglia. E sfarzoso è stata anche l’ambientazione e il rinfresco. Il matrimonio è stato semplice e molto bello. Lo scambio di una corona di fiori, e alla fine petali di rosa che venivano giù dal cielo.

Siamo passati il giorno dopo dove la sera prima c’erano tanti padiglioni e non c’era rimasto niente,  neanche l’immondizia, era una zona brulla, secca, senza un albero, veramente brutta, ma che per una sera si è trasformata in tanti castelli da mille e una notte.

Un giorno vorrei tornarci in India.


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